Camera con racconti affittasi


(dai racconti di Mala Strana di Jan Neruda)

Registrata alla SIAE l’8 luglio 1989 n° 362939A

Archivio n° 47

Povero procuratore: s’è illuso di ottenere entro un mese il titolo di avvocato!… D’altra parte, quale ambiente più consono ad un periodo di studi “matti e disperatissimi”, di una cameretta in una piccola pensione, con qualche metro quadrato di tetto come unico svago per l’occhio e per la mente?
Ma l’incauto ancora non sospetta di aver commesso un errore madornale.
Mala Strana – il quartiere in cui è situata la pensioncina – non è un qualunque agglomerato di case più o meno antiche; è anche (e prima di tutto) uno spazio della fantasia, un luogo su cui aleggiano racconti e memorie in continuo trapasso dal reale all’immaginario. Valga per tutti la figura dell’omino malato di inconsolabile nostalgia per un mare che non bagna Praga…
“Maledetta porta!” è tentato di gridare ad ogni piè sospinto il Procuratore. E infatti è dalla porta della sua camera che, uno dopo l’altro, preceduti accompagnati e seguiti dall’Affittacamere, irrompono i bizzarri abitatori della casa, per subissarlo sotto valanghe di ingiustificati sfoghi narrativi. (E soltanto in questi si fa concreto e diretto il mio debito verso “I racconti di Mala Strana”, di Jan Neruda)
Ma siamo poi sicuri che tante storie non abbiano una loro più riposta motivazione oltre la pura e semplice ansia di raccontare e di raccontarsi, misteriosa sindrome di cui sembrano soffrire tutti quei bislacchi personaggi? Insieme a noi anche il Procuratore, disperato per le interruzioni a catena cui viene sottoposto, comincia a nutrire in merito corposi sospetti: Qualcosa ci dice – e gli dice – che quelle incursioni all’apparenza occasionali dissimulano un progetto ben più vasto e, quel che conta, una mente che vi sovrintenda. E’ molto probabile, cioè, che ogni singolo accidente, non esclusi i miagolii del gatto e i gorgheggi dell’usignolo, nell’impedire al Procuratore di concentrarsi sui suoi libri, obbedisca ad un complesso rituale accuratamente predisposto fin nel più piccolo dettaglio.
E la probabilità si fa certezza nel punto in cui il Procuratore, cedendo ad un’ennesima tentazione, finisce per cimentarsi anche lui nel racconto di una “fantasticheria”, ad uso e consumo di altri lunatici di stanza sul tetto. Di colpo, allora, quella innocua cameretta ci svela la sua vera natura di crogiuolo per stregonesche fusioni e conclusioni, di luogo deputato ad iniziatiche cerimonie, di antro sibillino entro il quale un’Affittacamere di pochi scrupoli e di molte affinità con la maga Circe, attende l’inconsueta trasmutazione di avvocati in narratori.

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