Registrata alla SIAE il 7 novembre 1992 n° 806909A
Archivio n° 55
Un autore – piaccia o meno – finisce sempre per identificarsi con un personaggio dell’opera che scrive. È il caso di precisare che io questa volta mi sono identificato con Ortelio? E che sono io a non riuscire a dormire?
Ma la colpa non è mia, o per lo meno non interamente mia. Ci sono troppe cose insolute nella mia vita che mi impediscono di prendere sonno, a dispetto di qualunque rito scaramantico o farmaco ipnogeno.
Tanto per cominciare, dove sono? L’apparenza avvalorerebbe l’ipotesi di una camera d’albergo, luogo di passaggio quant’altri mai, stazione di sosta tra uno spostamento e l’altro. Ma la donna che insiste dietro la porta per rifarmi la camera alla una di notte ha molto poco della cameriera di hotel: premurosa come si dimostra, nonché animata dal fermo proposito di introdursi nella mia intimità, rassomiglia di più ad un’infermiera, figura dalla quale, però, la distingue il frequente ricorso a maniere seduttive che quasi sempre appartengono all’immaginario collettivo sulle paramediche, al campionario degli amori ospedalieri.
Inoltre, perché mi trovo lì. Le motivazioni che fornisco sono abbastanza plausibili (ho un appuntamento da cui forse dipende il mio intero destino), e , seppure in maniera nevrotica, rivendico il mio diritto di presentarmi l’indomani in piena forma.
Infine, chi sono veramente? L’ansia di cui carico l’impegno che mi attende il mattino seguente sarebbe più credibile in un mercante di testate nucleari, che non in un modesto rappresentante di pelati, quale io denuncio di essere. Ma sono sincero?
Insomma, avrete capito che mi trovo in una situazione a dir poco angosciosa, nel tunnel di un incubo che può avere la sua soluzione soltanto alle prime luci dell’alba.
Fino a quel momento liberatorio (ma non troppo) dovrò fronteggiare falangi di dubbi, legioni di sensi di colpa, armate di recriminazioni. Non soltanto mie. E già, perché non ho detto che, dopo un tormentato inizio, sto finalmente per scivolare nel sonno del giusto, quando si presentano, o meglio si materializzano i miei genitori da tempo passati a miglior vita.
Mia madre, in particolare, si rivela quell’osso duro (scusate invereconda espressione) che è stata durante tutta la sua e, di conseguenza, la mia vita. Donna di ferreo temperamento, non è riuscita mai a mandar giù la mia mediocrità, il diritto che ho di essere nato senza nessun bernoccolo di genialità. E finanche dall’oltre tomba, l’universo degli universi che dovrebbe azzerare tutti i conti, la autoritaria genitrice continua a rinfacciarmi di aver concluso ben poco nella vita. La sua aggressività arriva al punto di desiderarmi morto nell’adempimento del mio dovere di cittadino, perché lei possa beneficiare di una notorietà di riflesso.
Meno male che, dall’altro lato della camera, c’è la donna delle pulizie (sempreché lo sia), la quale senza esitare si assume il delicato compito di salvarmi dal passato, si autopromuove redentrice e foriera di un futuro migliore (che poi nel mio caso specifico non è grossa impresa).
Ma la situazione, già di per sé non proprio tranquilla, si fa a dir poco inquietante con l’entrata in scena di un curioso portiere di notte (o custode di casa di cura?), che ben presto lascia intendere di condividere con la domestica sordidi interessi.
Se c’è una cosa, però, che non mi turba è il passato di una donna, specie nel caso in cui questa mi promette di porsi come uno scudo spaziale tra me e mia madre. Passo, dunque, su ogni pregiudizio, faccio la voce grossa – spaventando per primo me stesso -, caccio in malo modo l’intruso dai modi levantini, e sono pronto per andare con la mia protettrice incontro a quel futuro non del tutto immeritato. Ma sarà poi come mi viene assicurato?
Commedia di umori e di rancori sopiti, che aspettano solo l’occasione di venir fuori, ORTELIO NON RIESCE A DORMIRE sfugge a una vera e propria classificazione secondo i generi correnti.
Intanto, non è una farsa, anche se contiene alcuni momenti farseschi, che abbassano il tiro impedendole di assumere valori metaforici che non contiene e non vuol contenere.
Inoltre, non è un giallo, pur prendendo a prestito da questo genere alcuni elementi di suspence. di minaccia che incombe.
Infine, non è teatro dell’assurdo, per quanto molte delle situazioni che mandano avanti la storia a prima vista sembrano non avere né capo né coda. A sottrarre, infatti, la commedia da legami troppo intimi con l’assurdo basta per tutti il fatto che io in scena soffro veramente, le mie emozioni, i miei travasi di bile, i sentimenti che ritrovo alla fine appartengono a me, non sono un omaggio al genere.
Allora quest’Ortelio che cos’è? Un po’ di tutto, e la risposta non suoni supponente. Nella vita è semplice forse dire chi siamo, dove siamo, perché siamo? A che titolo in teatro dovrebbe accadere diversamente?
PRODUZIONI: Ortelio non riesce a dormire